Cos’è il virus Marburg? Ecco tutto quello che c’è da sapere su una malattia che ha un tasso di mortalità elevatissimo.
Il virus Marburg, recentemente individuato in un paziente residente ad Amburgo di ritorno da un viaggio in Africa, è una patologia pericolosa e, in casi gravi, mortale. Vediamo cos’è e quali sono i sintomi, i rischi e i trattamenti oggi conosciuti.
Virus Marburg cos’è: cause, sintomi e contagio
Noto anche come febbre emorragica di Marburg, il virus Marburg è una malattia grave, infettiva e di origine virale. Diffusa soprattutto in alcune zone dell’Africa subsahariana, è causata da un patogeno appartenente alla famiglia Filoviridae, la stessa da cui arriva l’Ebola. Si tratta di una patologia definita zoonosi, in quanto può infettare sia gli esseri umani che gli animali, specialmente primati e pipistrelli della frutta.
Il virus Marburg è molto contagioso e presenta un alto tasso di mortalità nell’uomo. La trasmissione avviene per contatto diretto con il sangue, le secrezioni o i fluidi biologici di una persona/animale infetto oppure con la manipolazione di oggetti contaminati. I sintomi sono:
- febbre alta (39-40°C) con brividi;
- mal di testa forte;
- dolori muscolari;
- artralgie;
- dolore toracico;
- faringite;
- malessere generale.
Dopo i primi tre giorni, possono manifestarsi anche disturbi gastrointestinali: dolore addominale, crampi, nausea, vomito e diarrea acquosa. Quest’ultima può persistere anche per una settimana. Dal secondo al quinto giorno, invece, può comparire un eritema cutaneo maculo-papuloso, non pruriginoso, localizzato soprattutto su petto, schiena e stomaco. Purtroppo, tra il quinto e il settimo giorno, ossia nelle fasi tardive della patologia, compare l’emorragia, che si manifesta in diversi modi: petecchie, vomito sanguinolento, epistassi, sanguinamenti dalle gengive e dalla vagina e sangue fresco nelle feci.
Virus Marburg: cura e rischi
Quanti contraggono il virus Marburg sono contagiosi durante le fasi tardive della malattia. Calcolate che ha un periodo di incubazione di circa 9 giorni, con una variabilità tra 2 e 21 giorni. I rischi sono legati soprattutto a questa fase, quando possono insorgere disturbi potenzialmente letali:
- epato-splenomegalia;
- ittero;
- perdita di peso;
- orchite;
- pancreatite;
- miocardite.
Questi sintomi potrebbero portare a danni epatici e renali, nonché al coinvolgimento del sistema nervoso centrale. Il decesso, nella maggior parte dei casi, avviene dopo 8/9 giorni dall’inizio dei sintomi, per shock cardiocircolatorio e malfunzionamento degli organi. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il tasso di mortalità può arrivare fino all’88%. Ad oggi, non esiste una cura o un vaccino contro il virus, ma ci sono comunque terapie sperimentali in atto.